La maestria di Magda Szabó (1917-2007), grandiosa scrittrice ungherese, nel narrare l’intensità dei sentimenti è pari soltanto alla sua alta capacità di condurre gli intermezzi temporali che affiorano lungo gli strati delle linee narrative. I suoi romanzi dipingono protagonisti forti, ma con forza colpiti da sciagure, che devono districarsi tra realtà colme di luoghi invecchiati, di dinieghi affettivi, di famiglie nostalgiche e rabbiose e mute. La Szabó non lascia mai il lettore seduto comodamente in poltrona ma lo accompagna, anzi, lo spintona, attraverso più tempi: quello della storia ungherese – difficile, faticosissimo –, quello che i personaggi vivono in diretta o quello che ricordano, spesso smentito o distorto da altri protagonisti, quello che si confonde lattiginoso nei ricordi d’infanzia; di tutto questo il narratore deve tenere conto e poi sistemare e appianare per offrire una presentazione stabile della trama. Se il cuore del lettore non vacilla, non cede all’affanno, spesso lo si deve ai cani, silenziose e indimenticabili creature con le quali l’autrice regala un po’ di riposo a chi legge. I cani sono buoni (e come potrebbe essere altrimenti?), sono saggi e concentrati sull’amore per i più derelitti (“L’amore con cui veniamo amati è sempre una sorta di misericordia”¹). Insieme a molti altri animali (asini, cerbiatti, maiali, pappagalli, galline), tutti degnissimi di affetto, compassione e talvolta, ahinoi!, maltrattati, i fratelli pelosi descritti dalla Szabó sono sempre lontani da certe odierne pagine che recintano la figura del cane tra una cattiva imitazione dello zuccherificio disneyano e l’angelico e miracoloso salvatore delle nostre più indicibili patologie; la loro quieta presenza affiora in poche righe o puntella i capitoli con costanza ma anche ribadisce il suo bisogno di protagonismo quando ulula per l’indignazione o lo spavento, oppone agli umani un offeso oblio, ama senza se e senza ma. I cani seguono una via tutta speciale nella scelta del loro oggetto d’amore – incomprensibile, ma sicuramente da rispettare, quella del cane Viola per Emerenc ne La porta –, consolano i rimpianti, come fanno gli Henriett accucciati nel giardino bruciante di sole con Blanka, in Via Katalin, uggiolano e piangono sino a essere crudelmente uccisi quando la loro amata persona scompare, che è quanto accade al bracco Jazon in Affresco, oppure smuovono la sola tenerezza che sappia concedersi l’astiosa protagonista de L’altra Eszter; oppure ancora, come il grasso Capitano de La ballata di Iza, salutano gli ultimi passi di chi sarà sempre, per sempre, per sempre costretto a vagare in solitudine.
In due parole: sono cani.
Daniela Nicolò
¹ Szabó M., Via Katalin, Torino, 2008, Einaudi, pag. 146.
I libri di Magda Sazbó tradotti in italiano
Il momento (Creusaide), Edizioni Anfora
Per Elisa, Edizioni Anfora
Affresco, Edizioni Anfora
Abigail, Edizioni Anfora
Lolò, il principe delle fate, Edizioni Anfora
La notte dell’uccisione del maiale, Edizioni Anfora
Ditelo a Sofia, Salani
Ballo in maschera, Salani
L’altra Eszter, Einaudi
La ballata di Iza, Einaudi
Via Katalin, Einaudi
Il vecchio pozzo, Einaudi
La porta, Einaudi